giovedì 17 febbraio 2011

VALANGHE




Sfogliando i dizionari si trovano svariate definizioni di “valanga”. Secondo AINEVA, l’Associazione Interregionale Neve e Valanghe si parla di valanga in caso di massa di neve, piccola o grande che sia, in movimento lungo un pendio.
Esistono diversi tipi di valanga, difficilmente classificabili e definiti secondo dei criteri: il tipo di distacco, la posizione della superficie di slittamento, l’umidità della neve, la forma del percorso, il tipo di movimento e la causa innescante.

Si parla di valanghe a debole coesione quando il movimento si origina a partire da una o alcune particelle di neve incoerente, e durante la caduta si propaga ad altra neve, formando una traiettoria via via più larga, di forma triangolare detta anche a “pera”. La maggior parte di esse si formano su pendii con inclinazione compresa tra 40° e 60°e, alle nostre latitudini, si formano generalmente in inverno, con temperature dell’aria basse e dopo abbondanti nevicate.
Tuttavia le valanghe a debole coesione possono essere anche di neve bagnata e allora sono molto lente e si innescano su pendii anche inferiori ai 30°.


Le valanghe a lastroni, invece, sono dovute al distacco improvviso di un intero lastrone di neve coerente, a partire da un fronte più o meno esteso. Perché si formi un lastrone è necessario che all’interno della coltre nevosa ci siano strati con una coesione sufficientemente elevata da consentire la trasmissione delle sollecitazioni a grande distanza e che ci sia una scarsa legame tra il lastrone e lo strato sottostante. Ciò avviene, per esempio, per l’azione del vento. Le valanghe a lastroni possono essere di superficie o di fondo a seconda che si muovano solo alcuni strati superficiali o l’intero manto nevoso. Si formano con maggior frequenza su pendii aventi inclinazione variabile tra 30° e 50°, tuttavia si possono avere distacchi anche con pendenze più basse. Nella maggior parte dei casi il distacco avviene per un aumento del carico sul manto nevoso dovuto al passaggio di sciatori; le valanghe in questo caso vengono dette “provocate”. Esse possono raggiungere velocità elevate in spazi brevi, presentando una forte accelerazione.



Le cause di una valanga possono essere: naturali, artificiali o una combinazione di queste.
Tra le cause naturali si annoverano:
•    sovraccarico nevoso al di sopra di un pendio: aumenta la gravità che agisce contro la forza di coesione dei cristalli di ghiaccio; tale rischio aumenta con la pendenza e nei versanti sottovento per l’accumulo eolico di neve.
•    precipitazione nevosa su un pendio innevato ghiacciato o già fortemente consolidato: la ridotta coesione tra i due strati formatisi facilita lo slittamento e scorrimento a valle della massa nevosa superficiale; tali valanghe superficiali sono comunemente dette slavine; tale rischio aumenta se la qualità della neve superficiale è resa pesante da alta umidità dell’aria.
•    precipitazione piovosa su un pendio abbastanza innevato: aumenta il carico gravitazionale e riduce contemporaneamente anche la forza di coesione; si accompagna spesso all’innalzamento termico.
•    innalzamento termico: favorisce l’instabilità del pendio innevato diminuendo la forza di coesione; se provoca anche la fusione parziale del manto nevoso il rischio aumenta ancor di più; tale rischio aumenta nei versanti esposti a sud per via della maggiore insolazione e nel periodo primaverile di disgelo.
•    vento: agisce meccanicamente aumentando localmente il carico gravitazionale o diminuendo le forze di coesione fino al raggiungimento e superamento del carico di rottura; tale rischio aumenta con l’intensità del vento e nei versanti sopravvento.
Tra le cause artificiali ovvero umane si annoverano essenzialmente:
•    passaggio di uno o più sciatori o alpinisti su un pendio a rischio ovvero vicino alla soglia limite di rottura: l’azione scatenante è impartita anche solo attraverso il peso dello sciatore, spesso amplificato dal moto verso valle dello stesso e da manovre brusche o del tutto errate o sconsigliate come la traversata longitudinale del pendio a rischio;
•    cariche di esplosivo volutamente e debitamente piazzate per produrre una valanga artificiale e diminuire così il rischio connesso all’instabilità conclamata del pendio.

Una volta sul campo è importante
essere in grado di “leggere” la neve per comprenderne il grado di stabilità.
Esistono diverse prove empiriche che permettono di valutare la pendenza del terreno (come abbiamo visto la maggior parte delle valanghe si forma tra i 30° e i 45°) e la stabilità del manto nevoso. Le bussole più sofisticate sono dotate di un inclinometro, appoggiando sul terreno la racchetta degli sci e sovrapponendo la bussola con l’inclinometro è possibile determinare l’inclinazione.
Avendo a disposizione una cartina, invece, si possono ottenere rilevazioni più precise:
1. Scelto il pendio interessato, si consideri il dislivello esistente tra due linee di livello assunte come riferimento: tale dislivello prende il nome di ALTEZZA.
2. Utilizzando un righello millimetrato, si misuri la distanza esistente tra le due curve di livello considerate. Si trasformi quindi questa distanza in millimetri nella reale distanza sul terreno, servendosi della scala della cartina. Il valore così ottenuto prende il nome di BASE.
3. Si esegua la seguente divisione:
ALTEZZA / BASE 
Il risultato di questa operazione, confrontato con la tabella seguente, consente di determinare la pendenza del pendio


 
Ed ecco alcuni consigli da tenere sempre presente durante l’escursione:
- Tenere le dovute distanze di sicurezza (in genere almeno 10 metri tra una persona e l’altra) ma non perdendo mai il contatto con i compagni.
- Valutare sul posto la capacità di ogni singolo pendio di sopportare il carico e le sollecitazioni che andremmo ad imprimere con il nostro passaggio.
- Prestare particolare attenzione ai segnali di instabilità che l’ambiente presenta (l’esistenza di valanghe cadute di recente, presenza di accumuli o lastroni di neve ventata, rumori sospetti al nostro passaggio… )
- Fare attenzione alle condizioni meteorologiche: arrivo di nebbia, aumento repentino della temperatura, forte vento, ecc.

Fondamentale, inoltre, avere con sé e acceso l ARVA, l’apparecchio di ricerca in valanga, che permette di facilitare e velocizzare eventuali soccorsi.





Ultimo appunto per leggere correttamente il bolltettino nivometeorologico: la scala europea del pericolo da valanghe si compone di 5 gradi di pericolo crescente, individuati con indici numerici da 1 a 5. La scala non è lineare, in quanto il grado mediano (3 marcato) non rappresenta un pericolo medio, bensì un pericolo superiore. Ad ogni livello è associato un colore.
  1. DEBOLE: Il manto nevoso è in generale ben consolidato e stabile. Il distacco è generalmente possibile solo con un forte sovraccarico su pochissimi pendii ripidi estremi. Sono possibili solo piccole valanghe spontanee (cosiddetti scaricamenti); contraddistindo dal colore verde.
  2. MODERATO: Il manto nevoso è moderatamente consolidato su alcuni pendii ripidi, per il resto è ben consolidato. Il distacco è possibile soprattutto con un forte sovraccarico sui pendii ripidi indicati. Non sono da aspettarsi grandi valanghe spontanee; colore giallo.
  3. MARCATO: Il manto nevoso presenta un consolidamento da moderato a debole su molti pendii ripidi. Il distacco è possibile con un debole sovraccarico soprattutto sui pendii ripidi indicati. In alcune situazioni sono possibili valanghe spontanee di media grandezza e, in singoli casi, anche grandi valanghe; colore arancione.
  4. FORTE: Il manto nevoso è debolmente consolidato sulla maggior parte dei pendii ripidi Il distacco è probabile già con un debole sovraccarico. In alcune situazioni sono da aspettarsi molte valanghe spontanee di media grandezza e, talvolta, anche grandi valanghe, colore rosso.
  5. MOLTO FORTE: Il manto nevoso è in generale debolmente consolidato e per lo più instabile. Sono da aspettarsi numerose grandi valanghe spontanee, anche sul terreno moderatamente ripido; colore rosso e nero.



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